Locazione commerciale: la Cassazione sul recesso del conduttore e sui “gravi motivi”

In tema di contratto di locazione commerciale la facoltà concessa dalla legge al conduttore di esercitare il recesso in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata non prevede alcun onere di indicare la data della scadenza. I gravi motivi addotti dal conduttore devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del contratto di locazione. Infine, ove il locatario svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato debbono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza del 14 luglio 2016, n. 14365, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Brescia con decisione n. 1465/2012.
La pronuncia traeva origine dal FATTO che il Tribunale di Bergamo, rigettando la domanda del locatore volta alla dichiarazione della validità sino alla scadenza del contratto di locazione ad uso commerciale, stipulato tra EFFE ESSE e la XXXX spa, dichiarò risolto il contratto ritenendo idoneamente esercitato il recesso del conduttore per gravi motivi e sussistenti gli stessi, ai sensi dell’art. 27 della I. n. 392 del 1978, con decorrenza dal 10 aprile 2007, anticipatamente rispetto alla scadenza contrattuale fissata per il 30 settembre dello stesso anno. La Corte di appello di Brescia confermò sul punto la decisione del primo giudice, respingendo l’appello incidentale proposto dagli eredi del locatore (sentenza del 14 dicembre 2012).
Avverso la suddetta sentenza, gli eredi del locatore propongono ricorso affidato a due motivi.
All’attenzione della Corte sono poste due distinte questioni che riguardano l’art. 27 u.c. della I. n. 392 del 1978. Logicamente preliminare è quella risultante dal secondo motivo del ricorso. La questione è se la lettera (del 9 ottobre del 2006), inviata dal conduttore al locatore ai fini della comunicazione del recesso per gravi motivi dal contratto di locazione commerciale di un immobile adibito a negozio per la vendita, fosse idonea a provocare l’anticipata cessazione del rapporto, come ritenuto dalla sentenza gravata, ovvero non lo fosse per non essere stati gli stessi motivi specificati e non essendo stata specificata la data di scadenza.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 14365/2016 ritiene che le censure, per un verso inammissibili, sono per altro verso infondate e il motivo va rigettato.
Sostiene la Cassazione che la decisione gravata è conforme a diritto, rispetto alla lamentata incertezza in ordine alla data di cessazione del rapporto in conseguenza del recesso per non essere nella lettera specificata la data di scadenza, che i ricorrenti individuano laddove la Corte di merito ha rilevato che la data di cessazione del rapporto per effetto del recesso è stata individuata dal giudice nel 10 aprile 2007 (sei mesi dalla lettera del 9 ottobre 2006, con la quale il recesso è stato comunicato).
L’art. 27 della legge n.392/1978, quando stabilisce che« il conduttore può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata non prevede alcun onere di indicare la data della scadenza. Come correttamente rilevato dalla società controricorrente, la data si ricava in ragione della natura recettizia dell’atto ed il termine è individuato nei sei mesi successivi alla ricezione della comunicazione del recesso». Inoltre, la Corte di merito ha valutato i gravi motivi enunciati nella lettera di anticipato recesso, ritenendoli specifici, alla luce della giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità, che «ritiene necessario un recesso titolato rispondente alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione e considera la specificità quale requisito che inerisce al perfezionamento della dichiarazione di recesso» (Corte di Cassazione n. 549 del 2012).
La seconda questione, posta con il primo motivo di ricorso, è se, ai fini della sussistenza dei gravi motivi, la crisi economica sopravvenuta che li giustifichi debba o meno riguardare l’intero gruppo aziendale e non il solo “punto vendita” collocato nel bene locato.
La Suprema Corte ritiene che la censura è priva di pregio e il motivo di ricorso va rigettato. La Corte di appello ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza consolidata di legittimità. Ha premesso che, secondo la giurisprudenza di legittimità costante (Corte di Cassazione, sentenza n. 9443 del 2010), «i gravi motivi devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del contratto di locazione».
Quindi, in presenza della ritenuta sussistenza della prova in ordine alle notevoli perdite registrate nel “punto vendita” sito nell’immobile locato, la Corte di merito ha ritenuto le perdite idonee ad integrare grave motivo di recesso, essendo dovute all’andamento della congiuntura economica sopravvenuta ed essendo oggettivamente imprevedibili, per essere stati aperti due discount nelle vicinanze, così rendendosi gravosa per il conduttore la prosecuzione del rapporto.
La questione ora all’attenzione della Corte è stata di recente oggetto di decisione in una fattispecie analoga, che, con argomentazione convincente, cui si rinvia, ha affermato il principio secondo cui «In tema di recesso del conduttore di immobili ad uso non abitativo, ove il locatario svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato, di cui all’art. 27, ultimo comma, della L. 27 luglio 1978, n. 392, debbono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali» (Corte di Cassazione, sentenza n. 7217 del 2014).
Ancor più di recente, in una fattispecie concernente la sopravvenienza di norme, si è dato rilievo alla valutazione potenziale dei “gravi motivi” piuttosto che all’effettivo impoverimento, sulla base dell’argomento che, diversamente, si negherebbe al conduttore/imprenditore, che si trovasse dinanzi un grave ed imprevista crisi economica, la facoltà di esercitare il recesso sino a quando non venga a trovarsi in stato di decozione, con conseguente frustrazione dello scopo della norma, che è quella di prevenire la crisi del conduttore (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 6820 del 2015).

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